di Anna Belli
Ci sono persone che “fanno” l’atmosfera di un luogo.
Il giorno in cui un madonnaro cominciò a dipingere un quadro sull’asfalto del sagrato della chiesa del S. Cuore potrà essere sembrato un giorno qualsiasi, a chi a quell’ora abbia avuto occasione di passare per la piazza.
Ci sono tanti pittori “madonnari”, sempre.
Invece, in quel giorno cominciava il rapporto tra quel pittore, Giorgij Felsfein, croato, e questo luogo, ultima propaggine dell’Agro Romano, ai confini con i Castelli Romani.
Piano piano, Giorgij entrò a far parte di Ciampino. Non ci era nato (come la maggior parte dei ciampinesi, del resto), ci era capitato per caso (idem) e aveva trovato la sua nicchia nella nostra società.
Il quadro sul sagrato gli fece guadagnare interesse e, più oltre, anche considerazione e rispetto. Non ho mai visto nessuno passare sull’opera di Giorgij, davanti alla chiesa. Tutti quelli che ci sono passati davanti hanno cercato di non calpestarla. Per rispetto dei personaggi raffigurati (Maria, Gesù, i profeti)? Certo. Ma penso, intuisco che sia stato anche per rispetto del pittore.
Perché il quadro dipinto da Giorgij si rivelò essere qualcosa di particolare. Non era e non è la solita copia di qualche quadro famoso. Era ed è un’opera personale, frutto della profonda spiritualità e della vasta conoscenza teologica del suo autore. Ma ha anche sempre invitato i passanti, anche i più distratti, a considerare che c’è una dimensione più ampia di quella quotidiana, di quella del momento presente.
Raffigurava il percorso spirituale che aveva intrapreso per comprendere se stesso, la sua condizione su questa terra e il senso della sua vita, la sua missione.
Dopo alcuni anni, il quadro, com’è ovvio, essendo sempre esposto alle intemperie, ebbe bisogno di essere restaurato. I colori si erano un po’ sbiaditi e nell’asfalto si erano prodotte delle crepe.
Giorgij rese di nuovo vividi i colori. Aggiunse anche delle figure e delle scritte. Le crepe le lasciò. Non cercò di otturarle, appianarle o mascherarle. Invece, rese parti integranti dell’opera questi fulmini neri. Le crepe non deturpavano più il dipinto, ma gli conferivano una forza e drammaticità nuove. Giorgij aveva dato un posto ai fulmini neri della sua vita e ha mostrato anche a noi, che passavamo di lì, che pure i fulmini neri della nostra vita possono avere un senso, un ruolo.
Che la vita perfetta non esiste e che le crepe che si producono nel quadro della vita possono farne parte.
Credo che questo possa essere considerato il lascito morale di Giorgij Felsfein a Ciampino.
Che possa vedere ciò in cui ha creduto.