di Pino Tedeschi

Una certa sera quel ristorante alla moda, frequentato dai tanti distratti dal telefonino, era già zeppo di clienti. Lì, allocati, vi erano branchi di carnivori, seminari di seminaristi, pizzardoni che aspettavano le pizze, più in là anche un tavolo apparecchiato con molti pinzimoni per vegani protestanti: contrari alla cosiddetta polvere di grillo.

Ai tavoli ogni telefonino era posato con coltello, cucchiaio e forchetta. Alcuni già mangiavano diteggiando; altri fotografavano il loro piatto; un gruppo di giapponesi spediva a Kyoto testimonianze di lasagne; due bamboccioni mangiavano mozzarelline che in bocca facevano “ziù- ziù” (con la “Z” dolce), aspettando di rispondere ai messaggi delle mamme: “state mangiando a mamma?”.

Certi inviavano cotolette ingrandite col Photoshop; una ragazza chiedeva al vicino l’aceto via Skype; un dirimpettaio passava l’oliera all’amico allegando un video porno; un altro rispondeva agli auguri di un anno prima; quell’altro controllava quante calorie c’erano nel gelato che intanto si scioglieva (e doveva rifare il calcolo); un tipaccio coi tatuaggi fino al collo e la scritta “ti amo” lasciava via sms la sua ragazza che era andata in bagno.

Un autorevole genitore aveva ammonito alcuni nativi digitali, tutti col telefonino in mano: “usate l’auricolare o mettete il silenziatore, non dovete dare fastidio”. La bambina più grandicella dai bei riccioli biondi vedeva Frozen: la principessa del ghiaccio. Il più piccolino era sul seggiolone e guardava ripetutamente i tre porcellini e il lupo Ezechiele che soffiava sulla loro casetta e che, all’arrivo della pasta col pomodoro semplice, avrebbe soffiato sul suo piatto per raffreddarla.

Una tipa sopraggiunta col tubino rosso scollacciato, mentre il suo ragazzo era andato fuori per una telefonata importante, con la scusa di andare a fumare, aveva chattato con tre pretendenti. Cert’altri, spostati di tavolo, in attesa del piatto ordinato giocavano ad “ammazza lo Zombie”.

Per non dire del tizio, col giacchino corto, che aveva messo la testa nella realtà virtuale e che si portava appresso un cellulare cinese di ultima generazione 13 Pro (Wqhd+,120Hz, Dolby vision, Hdr10+) con la scocca in ceramica e alluminio, fotocamera tripla, sensori da 50 megapixel, frontale da 32 ecc. ecc. Ah, dimenticavo, molti dei presenti si facevano il selfie. Anch’io ho dovuto fare qualche selfie per non far vedere agli altri che rimanevo indietro con la civiltà.

Ma adesso basta! Non ci sto più. In quel ristorante i camerieri facevano finta di prendere le ordinazioni con l’iPad guardando la partita della Roma; si capiva dal fatto che chiedevano ai clienti e poi richiedevano, riscrivendo la comanda.

Insomma, in quel posto tutti quelli che vanno per mangiare hanno anche due cellulari da dover usare per non perdere di vista i gruppi conosciuti sulla rete, le loro fotografie e tutti i fatti che non gli appartengono. Quasi tutti, ormai, vanno con quegli aggeggi per stare al passo coi tempi, perdersi nelle fantasie, stare nella realtà virtuale (alla portata di casco) o per inseguire la moda in veste tecnologia.

Cari signori, io là dentro non ci torno più perché quando si vuole mangiare, “o se magna o se chatta”. – W la carta stampata!

1 commento su “Telefonare mangiando (o viceversa)”

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