di Patrizia Gradito e Nicola Viceconti

Tra le manifestazioni artistiche che abbiamo avuto modo di approfondire in occasione del nostro recente viaggio in Perù, abbiamo il piacere di illustrarvi un manufatto particolare, emblematico della cultura andina e per lo più sconosciuto a noi occidentali: il Retablo, noto anche come “la porta del Perù”.

Si tratta di un manufatto artigianale, una scatola portatile che nel tempo è assurto a opera d’arte. La cassa esterna è realizzata in legno di pino o cedro decorato con motivi floreali, inizialmente denominata “Caja de San Marcos” in riferimento al santo protettore degli allevamenti di bestiame. Si rifà a una sorta di tabernacolo che originariamente riproduceva figure e scene religiose introdotta dai sacerdoti spagnoli nel loro processo di evangelizzazione.

Lo sviluppo successivo dei retablos contempla la raffigurazione di diverse scene di vita quotidiana come il raccolto, le processioni, i matrimoni, le feste popolari fino a rappresentare vissuti domestici all’interno di case o botteghe, restituendo gli usi e i costumi di un popolo. Per tale motivo, negli anni ’40 tale manufatto artigianale – oggi riconosciuto come patrimonio culturale della nazione – si è imposto come “veicolo” per affermare e custodire l’identità dei popoli indigeni della regione andina.

La città peruviana che più di tutte ha dato i natali ai maggiori esponenti del retablo è Ayacucho, situata a oltre 2500 metri di altitudine nelle Ande centrali, esempio di fusione della cultura inca con l’architettura coloniale. Conosciuta come la città delle 33 chiese, Ayacucho fu fondata nel 1539 con il nome di Huamanga, nome preferito dai residenti. L’artigianato è particolarmente fiorente e si diversifica per materiali e tecniche: dalle pale colorate alle sculture di pietra, dai prodotti in ceramica del paese di Quinoa ai tessuti di lana tinti con colori naturali e filati a mano, fino ai gioielli in filigrana d’argento. I retablos sono espressione della promozione dell’indigenismo, dell’identità andina e della memoria.

Ad Ayacucho abbiamo visitato la Casa Museo del più importante retablista peruviano, Joaquín López Antay. È stato emozionante immaginare all’interno di quelle mura l’artista ayacuchano all’opera, con i personaggi delle sue opere. Ancora oggi in quel luogo si respira il suo spirito creativo in un’atmosfera di memoria, cultura e storia dell’arte andina. Nel corso della visita ci è stato mostrata in dettaglio la tecnica elaborata dal maestro e la materia utilizzata per realizzare le singole figure – un’apposita mistura costituita essenzialmente di patate lesse e gesso – e la decorazione con colori naturali. Al MALI (Museo di Arte a Lima) è possibile ammirare un suo famoso retablo.

L’importante riconoscimento “Premio nazional de cultura en el area del arte” conferito all’artista nel 1975 è stato oggetto di polemiche sollevate da alcuni esponenti dell’Accademia delle Belle arti, in particolare dall’ex direttore Juan Manuel Ugarte, che dichiarò:“Per essere un artista bisogna aver frequentato l’Accademia delle Belle Arti (…),  non si può comparare l’arte con l’artigianato”. In risposta a tale posizione, l’antropologo Mariano Benites si espresse in questi temini: “La capacità estetica è connaturata all’uomo che proprio in virtù di questo è in grado di fare arte”.

Una particolare svolta espressiva è stata realizzata ad opera di Edilberto Jiménez Quispe che con i suoi retablos ha raffigurato la violenza politica vissuta in Perù negli anni dal 1980 al 1990. Una delle sue opere, El sueno de la mujer huamanguina, è esposta al Museo LUM (Museo de la Memoria e de la Tolerancia) a Lima. Con Jimenez si esaurisce ogni polemica, poiché ogni retablo è un prodotto unico, capace di innovare la tradizione e veicolare una verità.

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