di Patrizia Gradito e Nicola Viceconti

Alcuni giorni fa i monitor delle stazioni ferroviarie di Roma, Milano e Bologna sono stati “invasi” da un messaggio – realizzato graficamente con caratteri bianchi su sfondo grigio – che non si riferiva alle consuete informazioni sugli orari dei treni in arrivo e partenza normalmente presenti in una stazione.

La scritta, di sole due parole, “SIETE INSETTI” ha suscitato tra i passeggeri in transito le più disparate reazioni. E se qualcuno ha liquidato sbrigativamente l’insolito testo ipotizzando un attacco di hacker, altri viaggiatori hanno interpretato la misteriosa scritta come uno strano scherzo comunque dai risvolti inquietanti.

In pochi minuti, tutta la forza comunicativa di quel messaggio così laconico e unidirezionale, proveniente da un ignoto mittente, si è sprigionata in modo dirompente. La sensazione è che prima ancora di interrogarsi sul significato, il pubblico si è soffermato sulle motivazioni dell’utilizzo di uno spazio notoriamente riservato a un servizio pubblico ferroviario.

Lo scompiglio è rimbalzato immediatamente sui social, alimentando le interpretazioni più disparate. Tra lo sconcerto, l’ilarità e qualche nervosismo per il disservizio momentaneamente arrecato, la scritta “SIETE INSETTI” ha risuonato in un mormorio continuo nell’atrio delle Stazioni interessate come una possibile minaccia: “Perché qualcuno ci vede come insetti?”, “Quale tipo in particolare? E soprattutto, chi è che ci considera così?”.

Il mistero è durato poco. Non era che la pubblicità di una nuova serie televisiva offerta su una nota piattaforma di contenuti video, veicolata in questo caso legalmente attraverso una tecnica di marketing mutuata dal mondo degli attivisti hacker e definita defacement, ovvero l’appropriazione di spazi pubblici di comunicazione per veicolare messaggi legati a una causa sociale, politica o ideologica.

Seppur con altre modalità, l’impatto emotivo che ha scaturito l’operazione commerciale ci ricorda lo sceneggiato radiofonico intitolato “La guerra dei mondi” tratto dal romanzo di fantascienza di Herbert George Wells narrata agli americani, in un programma radiofonico condotto da Orson Welles nel 1938 che, con una falsa cronaca giornalistica, annunciava agli ascoltatori un’imminente invasione aliena nel paese.

L’appropriazione da parte del mondo del marketing di spazi pubblici è un fenomeno dilagante denunciato anche da Banksy da tempo, evidenziando come il cittadino è sottoposto, suo malgrado, a un continuo bombardamento di messaggi commerciali.

A prescindere dalla trama della serie cui il messaggio allude, ci solletica l’idea di dare spazio all’immaginazione per provare a elaborare il messaggio come un vero “elemento identificativo”. Che tipo di insetto potremmo essere? Il prevedibile scarafaggio kafkiano-Gregor Samsa? La coraggiosa formica Z del film di animazione diretto da Eric Darnell e Tim Johnson, oppure la cavalletta Hopper, la coccinella Francis di Bug’s life della Disney? O ancora la mosca del teletrasporto nel film omonimo di Cronenberg?

Se potessimo realmente scegliere, sarebbe davvero l’occasione giusta per aiutare la natura che abbiamo fin troppo maltrattato, ripristinando un efficiente servizio di regolazione dell’intero ecosistema. Non ci resta che trasformarci tutti in insetti impollinatori: api e farfalle!

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