di Pino Tedeschi

Sono fortunato, vivo in una casetta con le scale e un giardino (si esercitano le gambe, la schiena e le braccia). Abitare gli spazi è anche utile alla fantasia, porta alla ricerca di linee immaginarie, ad una libertà degli spazi mentali.  Durante il costretto tempo del COVID non si poteva uscire di casa. Aver letto dei buoni libri si è reso utile per l’illusione di continuare a stare nella vita di tutti i giorni. Si può trovare la concretezza anche se si rinuncia alle bellezze del viaggiare e di incontrare le persone care. Che dire, vivo idealmente con una signora in una certa autonomia: da solo e in compagnia. Lei è intelligente, conosce il valore delle cose e della distanza. Nella mia vita c’è solo lei che non mi ha mai deluso. Viaggia sempre per il piacere di scoprire e comunicare cose nuove. Abita prevalentemente nella…  Ma lasciamo perdere, questo non ha importanza.

Quando viene a trovarmi sono contento. Nelle giornate belle, al canto e al volo degli uccelli, prendiamo il sole sulla sdraio; bevendo un caffè viviamo le peculiarità del giardino. Penso al ruzzolare del tempo che si trascorre fuori di casa; “fori della porta della cucina”, nel mio caso. Ricordo di quella volta quando osservammo il bacio delle nuvole: un cagnolino bianco che, alitando, divenne un gattino con ali a forma di cuore, per giocare a nascondino e svanire nel cielo mascherato. Certo, il vento è bizzarro e strane forme insegue: figure animate strisciate per la mia mente svagata. Mi piace pensare che in ogni nuvola c’è il bacio del vento, persino gesti delle fate che soffiano dentro un flauto incantato.

Quando viene a trovarmi sono contento. Quando l’ho conosciuta ho creduto che aprisse le ali, apparentemente stupende. A quel tempo avrei voluto fare miracoli per volare fino ad essa, ma sarebbe stato un viaggio improbabile, pieno di azzardi. A volte diventa seriosa quando anziché gli uccelli e i pappagallini vede passare dal giardino quegli aeroplani rumorosi che distolgono la mente. Prima c’erano gli aquilotti di “mamma aeronautica” in questo aeroporto con intorno le case; poi sono arrivati quei voli maleducati con poche regole. Vederli alzare, quegli aerei, sentirli rombare sotto l’incazzatura delle nuvole non è piacevole; significando una “democrazia abusata” che non tiene conto di Chi protesta per la propria salute.  Dicendo di aerei, penso anche alle assurdità della guerra, con riferimento alle immagini spaventose in quel territorio ucraino conteso. Le vittime innocenti non contano a fronte di uno scopo politico. L’uso distorto della propaganda deforma le notizie sui soldati d’occupazione e sugli occupati. Rappresentazioni che, per la gravità delle situazioni, le parole non sanno dire. A questo proposito, lei aggrotta le ciglia, siede in disparte e rimane in silenzio. Poi per vincere la tristezza, pur non avendo la tavolozza dei colori, ridisegna il passato.

Quando viene a trovarmi sono contento.  Ricordando i primi baci, appassionati e poi diventati leggeri – troppo delicati come fossero di vetro – fino al punto di non capire più se fossero baci veri, o originati da un sogno portato da una corrente magnetica, lei mi disse che ero uscito pazzo. A pensarci bene, non solo a parlar di baci, anche dissertare sulla luna possono sembrare le parole uscite dalla bocca di uno sbroccato. È fantasiosa, esilarante, ma anche capricciosa; come quella sera che vacillò nell’intorno del vino, quando durante il festino forzò la realtà confondendola col destino. Ci trovavamo in una masseria nell’alto Salento; c’era una festa e si ballava con tanta gente. Ad un certo punto volle lasciare la sala per vedere la luna e contare le stelle. Laggiù, le margherite spuntano fin quasi la scogliera per fermarsi nel fiumicello rosso di papaveri che, belli e gracili negli acquazzoni di primavera, fanno da orlo nel campo delle spighe di grano.

Lei, caracollava in quel campo con le sue incertezze. Si fermò lì per tutta la notte per cercare speranzosa la sua verità, sfogliando la margherita più bella: m’ama, non m’ama, m’ama, non m’ama…”

Quando viene a trovarmi sono contento.  Non le fa difetto il teatro e per dimostrarlo va a braccio: ora una parte impegnativa, ora una leggendaria. In certe occasioni sembra determinata, un po’ avventata, affamata d’esaltazione fin sopra ai capelli platinati; eleva frasi con fiamme d’aureo infiocchettate anche per rimanere a galla “raccontando storie sulle pari opportunità”. La sua natura visionaria viaggia oltre il prestigio sociale, ma quando compaiono le tortuosità, a suo modo, trasforma l’azione coraggiosa in penitente e monacale. Che dire, a me piace anche così perché sa riempire i vuoti delle mie giornate. Ricordo quella volta che, in sua difesa e parlando di passioni, mi disse che l’amore non è un dono portato sul vassoio d’argento che non aspetta altro che tu allunghi la mano: i dolcetti devi prima donarli, poi desiderarli per poi imparare a gustarli. Anche un amore maturo è bello e buono come il pane appena sfornato quando si avverte il suo profumo che mette voglia e desiderio.  Ma questo non ricordo se l’abbia detto lei o il fornaio sotto casa.

Quando viene a trovarmi sono contento.  Dopo cena, quasi sempre mi siedo sopra il divano e guardo la tivù; facendo zapping bevo una cosa. Guardando la tivù mi rilasso e, tra un film e l’altro, idealmente ci guardiamo negli occhi… Non mi lascia il tempo di accorgermi che, piano piano, ciondolando con la testa – andando su ali di nuvole vaganti – mi appisolo. Insomma, m’addormento sul divano, ma senza russare. – Lei sa anche essere discreta, che cara. Mentre sonnecchio la immagino così: rimane in silenzio, abbassa il volume della tivù e senza svegliarmi, in punta di piedi, se ne va a dormire.  Che dire, il razionale e l’irrazionale si contagiano?!  Potrei aggiungere che la realtà, a volte, si prende il sogno e lo porta via con sé.

Ma voi che curiosamente leggete questa storiella vi chiederete: “chi è costei? Qual è il nome di questa creatura? Da dove viene, perché e in quali occasioni questa signora affronta questi viaggi”?

A quest’ora della notte, per il bruciore agli occhi, le dita incespicano tra le lettere della tastiera. Per la verità vorrei ancora allungare le mani sui tasti per far nascere le parole giuste a riguardo, ma ci vorrebbe uno scribacchino, uno scrivano automatico per esaudire tutte le vostre curiosità. Perciò, con quali parole poter dire? Quali le risposte alle vostre domande?   Ebbene, vi dico semplicemente che non importa da dove essa venga, o quando decide di partire, e perché viene a trovarmi. Posso dirvi solamente il suo nome d’arte: questa signora col viso di fanciulla, che ama cambiarsi la veste, e nei momenti particolari sa abbracciare il tempo, si chiama Poesia.

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