di Michele Concilio

L’estate è il periodo in cui tanti, per un meritato periodo di riposo e per sfuggire alla canicola, vanno al mare o in montagna. Non pochi, però, sono quelli che restano in città, alla ricerca ugualmente di un po’ di svago. Tra le possibili piacevoli parentesi c’è quella del cinema all’aperto, a Ciampino conosciuto anche come Cinestate.

Pure quest’anno, in verità in forma piuttosto ridotta, il parco Aldo Moro ha ospitato in agosto alcune serate cinematografiche. Il lettore porti pazienza, ma questo breve preambolo è solo per introdurci, seguendo il tema, in uno spazio storico che si spera susciti un minimo di interesse.

I vecchi ciampinesi certamente ricorderanno la storica “Arena Manzoni”, ubicata in via Due Giugno, a fianco della chiesa del Sacro Cuore, dove oggi c’è un piccolo giardino, con al centro una statua dedicata alla Madonna. Lì si proiettavano pellicole non proprio di 1^ visione (e neppure di seconda o terza…!) ma era un luogo tutto sommato gradevole che consentiva di trascorrere all’aria aperta qualche ora serale, mitigando la calura estiva. Ha funzionato un po’ a singhiozzo durante diverse estati, per cessare definitivamente nella seconda metà degli anni Sessanta, complice la generale e diffusa crisi del cinema nel Paese. Comunque, se il ricordo del vecchio cinema parrocchiale all’aperto non si è del tutto cancellato dalla memoria e quindi dalla conoscenza, parlare del “Salone Parrocchiale Alessandro Manzoni” risulta una novità assoluta per tanti se non addirittura per tutti. In verità, la ‘scoperta’ di questo Salone è stata una sorpresa anche per chi scrive queste righe. Non vi teniamo oltre sulle spine e facciamo il nostro dovere di informatori. Di recente abbiamo avuto l’opportunità di accedere all’archivio familiare dello Studio Tecnico Cianciaruso – attivo oltre mezzo secolo fa, dalla metà degli anni ’50 alla metà del decennio successivo –  e, sfogliando il materiale in esso custodito è saltata fuori una ‘pratica’ titolata appunto “Salone Parrocchiale Alessandro Manzoni”. Il nome, evidentemente, riprende quello del cinema all’aperto e si giustifica trattandosi entrambi di elementi pertinenti alla parrocchia. Per inciso, il nome di Cianciaruso richiama una delle prime famiglie stabilitesi a Ciampino intorno alla metà degli anni Venti del secolo scorso.  Mario, classe 1913, scomparso nel 1993, è stata, di questa famiglia, una figura poliedrica, cimentatasi in pittura, scultura, poesia, politica attiva, commercio e, appunto, progetti edili. Ad illustrare meglio la ‘scoperta’, più che i nostri commenti, crediamo siano efficaci le immagini che vi proponiamo a corredo di questo scritto. Esse illustrano molto bene un progetto – redatto in una data stimabile a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 – che se si fosse realizzato avrebbe dato sicuramente a Ciampino una struttura di grande importanza e valore culturale. Si tratta infatti di un edificio (oggi in quell’area c’è il parcheggio della parrocchia e la superficie è utilizzata anche per le attività dell’oratorio) con ambizioni di assurgere ad un ruolo di cine-teatro, possedendo tutte le caratteristiche strutturali del caso. Al piano terra l’ingresso con atrio d’aspetto, biglietteria, ufficio di direzione, servizi igienici, la sala platea, le uscite di sicurezza, la cabina per i pompieri (usuale appellativo per identificare i Vigili del Fuoco), camerini per artisti, buca del suggeritore, ingresso palcoscenico, ballatoio A e B, scala per sottopalco, boccascena, la scala per accesso alla galleria. Al piano superiore la sala d’aspetto della galleria, le poltroncine della galleria, la cabina di proiezione, quella per l’avvolgimento della pellicola, il laboratorio, i servizi igienici, la scala di servizio della cabina ed il servizio igienico dell’operatore, ballatoi per i tiri delle scene. Insomma, una struttura veramente degna di essere definita cinema-teatro. Un progetto dove la fantasia spazia libera sui fogli di carta o invece un sapiente lavoro professionale? Non è nostra intenzione esprimere un giudizio nella fattispecie.

Limitiamoci a constatare che non sempre le cose belle vanno a compimento. E così è stato per questo interessante progetto. E’ proprio il caso di dirlo: il sogno è rimasto nel cassetto.

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