di Michele Concilio

Chi oggi ha i capelli bianchi e sulle spalle un bagaglio di vita che attesta un’età intorno ai 70 anni, da bambino non può non aver conosciuto il piacere della lettura dei fumetti ambientati, per lo più, nel mitico far west, popolato da indiani, cowboys, giacche azzurre e giubbe rosse. Chi scrive è appunto uno di questi e non ha remore nell’affermare che a tutt’oggi si reca all’edicola vicino casa per acquistare le ristampe degli albi del Grande Blek, fantasioso eroe della lotta di indipendenza americana di fine Settecento. Lecitamente, a questo punto, qualcuno potrebbe chiedere: ma cosa interessa ciò ai lettori di Tempi nuovi, rivista culturale che, in prevalenza, si occupa di realtà ciampinesi?

Sacrosanta osservazione. Ma ecco la risposta: sfogliando le pagine d’apertura di alcuni albi del Blek ora in edicola, ho notato ricorrente il nome di Carlo Cedroni, in alcuni casi come disegnatore, in altri anche come sceneggiatore oltre che fumettista. Cedroni mi ha fatto sorgere un dubbio: non è estraneo al contesto locale questo cognome e sono andato – come oggi si usa fare – in navigazione nel web, scoprendo molte cose interessanti.

Ve le riferisco, in estrema sintesi per non appesantire la lettura e per non rubare spazio alla rivista.

Carlo Cedroni nasce a Velletri il 23 febbraio del 1925. Si rileva ben presto un bravo fumettista autodidatta, iniziando a disegnare tavole su fumetti famosi all’epoca, quali Colorado Kid e Freccia Rossa.

Dopo pochi anni è già conosciuto in Francia, dove realizza, tra l’altro Mocassin Noir (Mocassino Nero).

Fonda, insieme ad altri artisti italiani di talento, lo Studio Barbato.

Ma arriviamo anche a Ciampino: nel periodo compreso fra gli anni 1964 e 1968 illustra varie storie per la Casa Editrice Fratelli Spada, sì proprio quello Stabilimento che per decenni ubicato in via Lucrezia Romana ha dato lavoro a centinaia di persone, sfornando una produzione editoriale di grosse dimensioni e di altta qualità. Cedroni lavora per le storie di personaggi allora (ma anche oggi) assai famosi quali Mandrake e l’Uomo Mascherato.

Carlo Cedroni lascia un grande ricordo di sé come fumettista (almeno per la mia esperienza) nella realizzazione di un numero infinito di tavole per il personaggio che citavo prima, cioè il Grande Blek, che gli dette anche grossa notorietà Oltralpe, dove i suoi albi sopravvissero alla cessazione della pubblicazione italiana (poi, ripresa, in ristampa come poc’anzi detto).

A questa “riscoperta” di Carlo Cedroni legato alla nostra città mancava, per la mia curiosità, ancora qualche tassello. E’ sempre Internet che mi viene incontro e mi segnala la sua scomparsa il 24 ottobre del 2008 per l’appunto a Ciampino.

Che dire, a distanza di 15 anni dalla partenza per il Cielo di Carlo Cedroni, scrivere queste poche righe mi è sembrato il minimo tributo per questo personaggio che nel panorama culturale ciampinese è giusto che abbia una giusta collocazione di rilievo. Meglio del sottoscritto, comunque, è in grado di offrire un suo profilo la figlia Paola, nostra concittadina, conosciuta e stimata professionista, di cui invito a leggere il testo a latere.

 

Carlo Cedroni nel ricordo della figlia Paola

Mio padre era una persona molto sensibile e disponibile, aveva un carattere pacato e gentile. Grazie agli studi classici in seminario (come allora s’usava), si era dotato di una cultura elevata non solo nelle lingue classiche, che traduceva senza vocabolario, ma anche nelle scienze, nella storia, nella filosofia e nella letteratura. Egli era uno studioso, amava il sapere e lo ha ricercato sempre, anche in età avanzata. Mi ha sempre colpito l’estrema umiltà tipica del sapiente che si palesava nel suo andare a verificare la correttezza di quanto asseriva, ricorrendo ai volumi dell’Enciclopedia Larousse che immancabilmente non lo smentivano. In famiglia, e non solo, spesso si diceva che lui avrebbe potuto arrivare alla docenza universitaria; papà sorrideva, schivo, sapendo che non avrebbe mai svolto alcun’altra professione se non quella di fumettista. Mio padre era un disegnatore nato, e rimase sempre autodidatta. Sin da piccolo si dilettava a riprodurre i calciatori dell’epoca o Bartali in sella alla sua bicicletta, una passione che lo ha accompagnato sempre, nonostante il sacrificio che il mestiere di disegnatore comporta. Un mestiere sedentario, sempre chino sul foglio, che a lungo andare gli procurò problemi di circolazione, dolori alla cervicale e, in ultimo, problemi al tunnel carpale, che lo obbligavano spesso ad interrompere il lavoro per il dolore: “non riesco a tenere la matita” diceva. Un mestiere che lo ha per certi versi isolato in casa. Papà lavorava dalle 8 della mattina fino alle 7 di sera e a volte, per rispettare i termini della consegna delle tavole, proseguiva anche dopo cena. Le sue uscite erano quelle della domenica per la Messa. Quando frequentavo gli studi superiori, a volte andavo da lui con in mano la versione di latino o l’esercizio di matematica chiedendo soccorso e lo scoprivo a sorridere mentre disegnava una vignetta divertente del panciuto Professor Occultis coinvolto in qualche briga, mentre la radio gli faceva compagnia. Ancora lo vedo tratteggiare a matita la vignetta, con la sceneggiatura sempre a fianco, cancellare e poi cancellare di nuovo sino a quando non fosse stato soddisfatto. Ancora sento il rumore del pennino sul foglio a segnare i contorni e vedo il gesto del pennello intinto nell’inchiostro, poi passato su un cartoncino per eliminare l’eccesso e per dare alle setole la punta necessaria. Gesti ripetuti ma che grazie a un tratto o a una pennellata davano vita a volti, case, cavalli, paesaggi, giubbe rosse e indiani; mille e mille espressioni di volti sorridenti, tristi, sorpresi, arrabbiati o sofferenti. Tutto ciò era anche frutto di una ricerca continua: la foto di uno scorcio in una prospettiva particolare, di un corpo in una posizione in movimento, di un cavallo imbizzarrito. Veniva tutto ritagliato e riposto. Certamente l’ultimo lavoro prima della pensione, quello dell’episodio di Martin Mystère della Bonelli, ha richiesto a papà un enorme lavoro di adattamento ambientale; passare dalle praterie americane ai grattacieli di Nuova York, rispettando i punti di fuga e le prospettive, è stato sicuramente un lavoro molto impegnativo ma che superò egregiamente, tanto da guadagnarsi il dispiacere della Bonelli per non averlo avuto tra i suoi disegnatori. Carlo Cedroni è stato tra i fumettisti che tristemente stavano assistendo, anche con l’arrivo dei disegnatori giapponesi, alla fine di un’era artistica. Durante gli anni ’70 papà si cimentò anche nella pittura, con particolare interesse per i ritratti, partecipando a mostre organizzate anche a Ciampino. Ma la pittura non fu una forma d’arte che lo coinvolse particolarmente. Lavorò per oltre 20 anni disegnando Blek per l’edizione francese; per un certo periodo collaborò coi Fratelli Spada di Ciampino, che ristampavano L’uomo mascherato e Mandrake, ridisegnando copertine o tavole varie; concluse la sua carriera con un albo speciale (L’ombra della svastica) di Martin Mystère della Bonelli. Per mio padre non c’era di meglio delle sue creature, il Grande Blek, il Professor Occultis, il piccolo Roddy, e del divertirsi con la stessa immutata passione di quando, sul foglio della carta per il pane, compariva Bartali.

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