di Luigi Proietti Orzella

A Gigi Riva quel soprannome piaceva molto. Un po’ perché ci si rispecchiava, un po’ perché glielo aveva affibbiato un gigante come Gianni Brera. Nel 1970, subito dopo lo scudetto vinto con il Cagliari, il celebre giornalista assistette dal vivo alla sfida di San Siro tra l’Inter e il Cagliari. Riva fu protagonista con una doppietta e Brera, sul Guerin Sportivo, lo chiamò “Rombo di Tuono”.

Campionato1969-70, quello che avrebbe assegnato lo scudetto al Cagliari. Era l’8 marzo del 1970, Festa della Donna. Sottolineo questo fatto perché Riva aveva milioni di donne innamorate di lui in tutta Italia ed anche all’estero. Era bello come un Dio greco, con quel profilo maschio ma gentile.

Era la 23.a giornata, ne mancavano 7 al termine del campionato. Il Cagliari era solo in testa alla classifica, seguito in modo affannoso dalla Juventus dell’Avvocato Agnelli. Avevo 15 anni ed andai allo Stadio Olimpico a vedere Roma-Cagliari. Era la prima volta che entravo in quel Tempio. Riuscii a trovare un biglietto in Curva Nord, che quelli della Sud erano finiti. Arrivai due ore prima della partita, che sarebbe iniziata alle 15:00. Da casa mi ero portato due panini e una banana. Nell’attesa me li mangiai. Ero andato all’Olimpico soprattutto per lui, per veder giocare Gigi Riva dal vivo. A quei tempi non c’erano molte immagini o filmati delle partite come adesso. Il calcio si seguiva soprattutto alla radio. Le partite di campionato venivano giocate tutte quante alle 15:00, di domenica, e la RAI faceva vedere in serata solo un tempo di una partita, quella di cartello. Insomma, andare allo stadio era un avvenimento difficile da dimenticare. Specialmente per un giovane calciatore come me, pieno di sogni legati al gioco più bello del mondo. Un anno prima noi del Ciampino avevamo vinto i Giochi della Gioventù ed io avevo segnato tre reti in due partite. Mi sentivo un campioncino e lui, Giggirrivva (come lo chiamavano i sardi), era l’idolo da seguire, il campione da emulare. Solo Rivera, dalla classe immensa, nei miei gusti si avvicinava a lui. Ma lui per me era il Primo della classe.

Dopo due ore lunghe un secolo, finalmente, tra mortaretti e acri fumogeni di tutti i colori, l’altoparlante annuncia le formazioni. Poi escono le squadre in un delirio.

ROMA: Ginulfi, Scaratti, Spinosi; Salvori, Bet, Santarini; Cappellini, Landini, Peirò (Capitano), Capello, Cordova. Allenatore, Helenio Herrera, il Mago venuto dall’Inter.

CAGLIARI: Albertosi, Martiradonna, Zignoli; Cera (Capitano), Niccolai, Tommasini; Domenghini, Nenè, Gori, Greatti, Riva. Allenatore, Scopigno, il Filosofo.

In una bolgia infernale inizia la partita. La Roma dei giovani (Capello, Landini e Spinosi tra questi, che poi Marchini vendette alla Juve per fare cassa) parte in quarta. Al decimo minuto Capello si insinua in area dribblando tre giocatori e porge una deliziosa palla a Peirò che deve solo spingere per trafiggere Albertosi. Un apoteosi! Qualche minuto dopo il forte libero del Cagliari Tommasini, appena rientrato da un infortunio, si fa male di nuovo ed al posto suo entra Poli, piazzato da Scopigno a centrocampo, e libero diventa il grande Cera, di limpida classe. Cappellini, che il Mago s’è portato dall’Inter insieme a Bet e Santarini, un attimo dopo centra la traversa con Albertosi che si alza a vuoto e batte la pancia a terra goffamente. Potrebbe sembrare una Caporetto per la capolista, invece il Cagliari, dopo aver traballato e rischiato di subire un altro gol, pian piano si assesta, inizia a giocare veramente, si prende il centrocampo e al 25° pareggia con Domenghini.

Il resto non lo ricordo più. Passai il tempo a guardare il mio campione, i suoi movimenti. Ma Bet quel giorno non gli fece toccare un pallone. Riva fece tremare lo stadio solo due volte: una su punizione, ma Ginulfi fu bravo, e poi, nell’unica volta che si liberò di Bet, fece partire un siluro che sfiorò la traversa. Finì uno a uno. Tutti a casa contenti

Posso vantarmi di aver visto giocare dal vivo Pelè, Rivera, Mazzola, e tanti altri grandi campioni del passato. Ma Gigi Riva è stato quello che più di tutti mi ha fatto sognare.

R.I.P. grande campione, ma ancor di più, grande Uomo.

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