di Francesco Rozzo

Dalle parole ai fatti, la propaganda si scontra con la realtà e l’emergenza migranti si trasforma in una vera e propria scelta politica.

 Un emergenza non può durare trent’anni. Eppure nel 2024 l’immigrazione in Italia è ancora considerata tale. Non è un caso: è una scelta politica precisa su cui la destra ha costruito la propria spinta elettorale e a cui il centro-sinistra non ha voluto opporre un modello alternativo.

Così l’accoglienza resta ancora un affare del Ministero dell’Interno, mentre dovrebbe rappresentare un servizio sociale fondamentale. Il primo canale di inserimento dei nuovi arrivati e, perché no, di contaminazione culturale dei residenti. Un indotto capace di creare occupazione e presenza anche in territori marginalizzati e spopolati. Per farlo, come ogni intervento istituzionale, deve essere programmato con tutti gli attori in campo: governo, regioni, comuni, ricercatori ed esperti. Dall’altra parte, però, nessuno prova ad analizzare il fenomeno a monte, cercando di attuare politiche e azioni che possano garantire a questi popoli il loro diritto all’autodeterminazione. Sembra, ai nostri giorni, essere questo uno scenario a tratti utopistico, perché gli interessi economici e ideologici prevalgono sulla libertà lasciando spazio a morali etiche oramai poco credibili. Si è sempre scelto, per anni, di investire sui grandi centri d’accoglienza, quelli “straordinari”, parcheggi incapaci di garantire crescita, formazione e diritti. Serbatoi di rancore e marginalità per chi è ospitato, motivo di rivalsa per chi vi abita vicino e deve conviverci. Le immagini delle tensioni tra migranti e residenti le abbiamo già viste. Forse c’è chi spera di vederne ancora di più. Per non dover parlare di precarietà, sanità allo stremo e riforme fiscali inique. Per scaricare su qualcun altro le proprie responsabilità.

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