di Luigi Proietti Orzella

E ora noi siamo qui, a parlare di cultura. Ma che tipo di cultura? Quella che nasce dall’incontro tra persone che vengono dalle più svariate regioni d’Italia, che per crearsi un futuro decoroso si sono trovate presso una stazione, un aeroporto. E siccome il treno portava al lavoro più facilmente, qui si sono stanziate e hanno deciso di viverci. Dove una volta c’erano molte vigne, col passare del tempo vi sono sorte piccole attività artigiane, e le persone hanno trasformato questo posto. Voglio dire che la cultura è creata dalle persone, e che non può essere altrimenti. E che non può essere un qualcosa di imposto, ma è un processo che avviene con la vita vissuta. Non tramite una convivenza fine a sé stessa, ma grazie ad un vivere insieme con sentimento, con solidarietà. L’unione tra queste persone è avvenuta nel “sentire” profondamente il prossimo. Erano tempi duri, era da poco finita una guerra, ma ci si avvicinava con fiducia. Questa Città è il luogo in cui sono successi avvenimenti e stravolgimenti della nostra vita. E’ il posto in cui siamo stati giovani, siamo maturati, abbiamo avuto dei figli e li abbiamo educati. E’ il posto in cui siamo cresciuti umanamente tramite i gesti, le parole, gli scritti, portando ognuno di noi un piccolo contributo.

Per questo motivo io dico ancora “…e ora noi siamo qui…”. Perché era troppo tempo – ben otto anni da quando “Anni Nuovi” terminò la sua splendida avventura – che non avevamo più un posto “nostro” dove poterci confrontare, parlare di noi e ricordarci che le radici di un essere umano non si possono cancellare, né strappare. La cultura è lo strumento che attenua il timore di quell’evento definitivo a cui cerchiamo di non pensare ma che è il momento più importante della nostra vita. Essa ci aiuta a fare in modo che quando arriverà questo momento, da cui nessun essere umano può fuggire, potremo renderci conto se abbiamo vissuto con dignità.

(Editoriale di Tarcisio Scollato del numero di Luglio 2023)

In tanti a Ciampino hanno voluto bene a queste due persone.

Tarcisio Scollato è stato un esempio di rettitudine, di amore per la Cultura, di un’estrema simpatia che a volte esprimeva con ironia, senza peli sulla lingua. Nel parlare di lui non posso essere obiettivo perché nei suoi confronti ho sempre nutrito un grande affetto, una stima infinita. Per chi ha avuto la fortuna di essere stato un suo studente, egli è stato un insegnate sensibile ed aperto al dialogo. Lui era per tutti “Il Professore”, detto con ammirazione e stima, ma riferendo quell’appellativo onorevole non solo alla materia che insegnava con passione, la lingua inglese, ma soprattutto in un senso più largo e ancor più nobile: ovvero “Maestro di Vita”.

Vincenzo D’Avino lo conoscevo più superficialmente, con lui parlavo soprattutto del suo giornale, dedicato al Calcio a 5, di ottima fattura e di livello nazionale, ma della sua vita sapevo solo quelle cose che mi raccontava suo padre Giovanni, di cui mi onoro di essere amico, una persona, questa, generosa e industriosa, che ogni volta che ci trovavamo a discorrere non perdeva l’occasione di parlare di questo suo figlio minore che aveva scelto di intraprendere una strada diversa dall’attività paterna di commerciante. Un giovane, Vincenzo, padre di quattro figli, che aveva creato una realtà tutta sua, spinto dall’amore per il giornalismo e per lo Sport. Ci ha lasciati a soli 47 anni.

Tarcisio e Vincenzo rendono onore alle parole riportate sopra le loro immagini sorridenti. Quelle parole terminano così: “Essa (la cultura) ci aiuta a fare in modo che, quando arriverà questo momento (la morte), da cui nessun essere umano può fuggire, potremo renderci conto se abbiamo vissuto con dignità.”

Tarcisio e Vincenzo hanno vissuto con grande dignità. E noi li ricorderemo sempre con affetto, rispetto ed ammirazione.

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