di Patrizia Gradito e Nicola Viceconti

Nella calura estiva del 2018, ci siamo fatti promotori di un’iniziativa, forse singolare per la nostra comunità, che si è rivelata sorprendentemente partecipata. Il nostro intento era quello di aprire uno spazio di condivisione con gli anziani e le rispettive badanti che si ritrovavano puntualmente ogni pomeriggio nei giardini di Piazza della Pace. Eravamo convinti che la lettura di brevi brani e l’energia della poesia di autori italiani e stranieri avrebbe potuto allietare quel momento di riposo e favorire con loro un piacevole momento di socializzazione. “Storie per Nonni e Tate”, così abbiamo intitolato questa esperienza che si è protratta per tutta la stagione.

Se non è possibile disegnare il vento

il vento trasparente su uno sfondo chiaro

disegna le querce, possenti e frondose,

che per il vento si curvano fino a terra.

La partecipazione del pubblico, inizialmente incredulo e al tempo stesso incuriosito dell’evento, è andata via via crescendo fino a diventare un appuntamento fisso. In alcune occasioni le badanti stesse hanno contribuito alla scelta di poesie suggerendo autori dei propri paesi dell’Europa dell’est. Grazie a questo slancio abbiamo potuto conoscere la poetessa ucraina Lina Kostenko con la sua meravigliosa composizione intitolata “Se non è possibile disegnare il vento”, il poeta rumeno Mihai Eminescu e tanti altri.

La pratica della lettura pubblica ha radici antiche e ha il merito indiscusso di essere vincente e foriera di innovazioni socioculturali importanti. Di fronte a un contesto sociale caratterizzato da una comunicazione sempre più effimera e frammentata, dalla rappresentazione dei drammi umani in chiave retorica e spettacolare, non possiamo non riconoscere l’urgenza di recuperare modalità più autentiche in grado di farci ritrovare l’umanità. Il nostro tentativo s’ispira a quello realizzato in Messico dallo scrittore Paco Taibo II, con “Brigada para leer en libertad”, un progetto letterario finalizzato alla promozione della lettura attraverso incontri pubblici con dibattiti, riflessioni e omaggio di libri. Un esperimento sociale che da oltre dieci anni continua a sensibilizzare le persone a recuperare il piacere e il potere rivoluzionario della letteratura.

L’impatto della lettura pubblica ha radici storiche e ha assunto diverse forme. Tra le più significative, citiamo quella dei “lectores” cubani. Nel 1865, il poeta e sigaraio Saturnino Martínez, fondò il giornale “La Aurora”, rivolto ai sigarai e trattava tematiche di politica e di letteratura. Con l’aiuto di alcuni intellettuali dell’isola caraibica, Martínez nel primo numero del periodico scriveva: “Lo scopo di questa pubblicazione è illuminare in ogni maniera possibile la classe operaia”. Fu così che Rivero Julian, proprietario della fabbrica di sigari “El Figaro” all’Avana, introdusse nelle sue fabbriche la figura del “lector”, un relatore preposto a intrattenere i torcedor (i sigarai) durante le ore di lavoro per rendere più accettabile il clima lavorativo.

Lo scrittore Alberto Manguel, in saggio intitolato “Una storia della lettura”, ne ricostruisce i passaggi fondamentali: i lettori erano selezionati tra gli operari in base al tono di voce e attitudine alla recitazione. Il “lettore” di turno si collocava nel mezzo della sala e leggeva racconti a voce alta. Per esprimere il loro apprezzamento, i lavoratori intenti ad arrotolare foglie di tabacco, battevano il manico del coltello sul banco di lavoro. Gli operai decidevano i contenuti degli incontri dedicati alla lettura. In tal modo, a Cuba, i torcedor iniziarono a condividere le pubblicazioni e le notizie relative al mondo sindacale e alle loro lotte. Le letture pubbliche nelle fabbriche cubane si sono svolte fino al 14 maggio del 1866 quando il governatore di Cuba ha emanato un decreto che ne vietava la diffusione. Il provvedimento generò forte scontento tra gli operai che reagirono con scioperi diffusi. Successivamente molti cubani esportarono questa pratica nelle fabbriche della Florida, della Spagna e del Messico, quando emigrarono come manodopera specializzata nella lavorazione del tabacco.

A dimostrazione di quanto tale pratica si fosse radicata nel costume cubano, vale la pena ricordare che i famosi sigari “Montecristo” devono la loro denominazione alla lettura del rispettivo testo letterario che era particolarmente amato dai sigarai. Furono gli operai stessi a inviare una lettera a Dumas, l’autore de “Il Conte di Montecristo” per chiedere l’autorizzazione all’uso del nome sui pregiati sigari. Attualmente a Cuba, la tradizione della lettura pubblica nelle fabbriche di sigari persiste solo in quelle caratterizzate da una lavorazione artigianale. Lucio C. Peña è uno dei lettori cubani più noti.

Il nostro auspicio è di rivivere quest’esperienza a Ciampino, magari con la bella stagione, estendendola anche alle altre generazioni, affinché ci possa succedere realmente quanto affermava Pasolini: “(…) e piano piano ti sentirai arricchire dentro, sentirai formarsi dentro di te quell’esperienza speciale che è la cultura”.

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