di Chiara Alfonsi
L’Affare Dreyfus è lo scandalo politico-giudiziario che sconvolse la Francia durante la Terza Repubblica. La vicenda, nel 1894 era apparsa, inizialmente, come un semplice caso di spionaggio quando Madame Bastian, una donna addetta alle pulizie presso l’ambasciata tedesca di Parigi, trovò nel cestino dell’ufficio dell’addetto militare tedesco in Francia, il conte Maximilian von Schwartzkoppen, un foglio strappato in sei pezzi che venne subito consegnato al Maggiore Hubert Henry, membro della Sezione di Statistica (controspionaggio) del Ministero della Guerra francese. Con il suo superiore, il Colonnello Georges Picquart, si accorsero della presenza di una spia all’interno dell’esercito che inviava delle informazioni segrete ai prussiani, e che si trattava di un ufficiale dello Stato Maggiore, da poco entrato nell’arma diArtiglieria. Tra i cinque ufficiali appena inseriti, spiccò il nome di Alfred Dreyfus, perché era ebreo di origini alsaziane, l’unico dei figli della famiglia Dreyfus ad essere riuscito ad entrare nell’esercito e fare carriera. Il suo arresto era già stato deciso, tuttavia venne ordito un inganno per attuarlo. Inconsapevole di ciò che sarebbe avvenuto in seguito, Dreyfus ricevette, il sabato sera, un biglietto che indicava di recarsi il lunedì 9 di mattina, vestito in borghese, al Ministero della Guerra per un’ispezione. Il colonnello Picquart lo fece entrare nello studio del Maggiore Du Paty de Clam il quale, con il pretesto di avere la mano fasciata, chiese a Dreyfus di scrivere una nota per lui e, non appena vide che la calligrafia del giovane ufficiale era simile a quella del bordereau, il documento segreto trovato da madame Bastian in cui, però, erano state scritte solo delle note irrilevanti, Du Paty arrestò Dreyfus con l’accusa di alto tradimento e spionaggio. Una volta imprigionato nel carcere di Cherche-Midi, Dreyfus subì un primo processo che si tenne a porte chiuse, e tre periti calligrafi, sebbene non fossero d’accordo, furono spinti a pensare che la calligrafia dell’ufficiale poteva essere stata auto-falsificata. Nel gennaio 1895 venne organizzata la degradazione in pubblico, nel cortile dell’École Militaire e il povero Dreyfus venne umiliato: gli furono strappati i gradi e spezzata in due la sua spada d’ordinanza, nonostante si dichiarasse innocente e patriota; poi fu costretto a sfilare tra gli ufficiali e fu deportato sull’Isola del Diavolo, nella Guyana francese, dove avrebbe scontato la pena. Tuttavia, quando sembrava che il caso si fosse chiuso con la condanna, ecco che il Colonnello Picquart, succeduto al Generale Sandherr come Capo della Sezione di Statistica (un luogo nascosto in cui vi erano uffici di controspionaggio nel Ministero della Guerra), ebbe i suoi primi dubbi su chi fosse realmente l’autore del bordereau, dopo aver sfogliato il dossier segreto che, inizialmente, doveva essere distrutto perché, al suo interno, vi erano delle carte la cui calligrafia era riconducibile ad una sola persona, certamente non Dreyfus in quanto, sebbene quest’ultimo fosse benestante, aveva una moglie e due figli e nessun debito di gioco o legami affettuosi con altre donne.
Così Picquart effettuò delle prime indagini sul Maggiore Ferdinand Walsin Esterhazy, dimostranti che era lui il vero autore, e mostrando tutto ciò che aveva scoperto su di lui ai suoi superiori, si alzò un polverone, tanto che venne ordinato di far allontanare lo stesso Colonnello da Parigi, inviandolo in missione fino in Tunisia, con il rischio stesso di perdere la vita per colpa della sua volontà di scoprire e voler scagionare un innocente che si trovava isolato dalla sua famiglia, dal suo paese che serviva con onore, ritenuto colpevole di un reato che, di certo, non aveva nessun motivo di commettere. Il tutto per falsificare, nel frattempo, altre prove contro Dreyfus, ad opera di Henry e di due membri della Sezione di Statistica, tutti vicini ad Esterhazy. È allora che, dopo l’uscita di vari articoli sui giornali dell’epoca, in cui si parlava del dossier segreto, e ci si domandava se Dreyfus fosse veramente l’autore del bordereau, ecc., il caso prese una piega diversa: si trasformò in un affare politico e sociale, che vide intervenire, per la prima volta, l’opinione pubblica, e la Francia divisa in due fazioni, dove l’una credeva nell’innocenza di Dreyfus, mentre l’altra, antisemita, lo considerava il solo colpevole. Erano i dreyfusisti e gli antidreyfusisti. I primi, un gruppo di scrittori e artisti, già molto noti all’epoca, Marcel Proust, Anatole France, Georges Sorel, Claude Monet, la Lega dei Diritti dell’Uomo34, L’Aurore; gli altri, invece, erano convinti nazionalisti ed antisemiti: Édouard Drumont, Paul Cézanne, Jules Verne, Edgar Degas, Félix Faure, la Lega della Patria Francese, contrapposta alla Lega dei Diritti dell’Uomo. Picquart trovò appoggio presso il gruppo dreyfusista per poter affermare la verità sul caso; poiché egli non poté più esporsi, dal momento che aveva rischiato troppo, fu grazie a Mathieu Dreyfus, fratello di Alfred, che gli venne presentato uno scrittore già molto noto all’epoca. Era Émile Zola. Quest’ultimo ebbe il coraggio di prendere posizione scrivendo una lunga lettera, “J’Accuse”, pubblicata in prima pagina il 13 gennaio 1898 sull’Aurore, ed indirizzata al Presidente Félix Faure. Con le accuse mosse da Zola nei confronti dei persecutori di Dreyfus, il popolo si ribellò bruciando i romanzi dello scrittore e lanciando oggetti alle vetrine delle boutiques, o scrivendo frasi antisemite, come “A morte gli ebrei!” Attraverso l’articolo di Zola, il caso Dreyfus venne revisionato ed accaddero diversi fatti, positivi e negativi: il Maggiore Henry si tagliò la gola dopo aver confessato di aver falsificato delle prove contro Dreyfus; Labori, avvocato difensore dell’ufficiale ebreo, fu ferito gravemente ma sopravvisse e poté continuare la sua battaglia di difesa; Zola venne processato e condannato ad un anno di prigione, oltre che al pagamento di una multa di tremila franchi. Preferì un anno di esilio in Inghilterra, e tornò in Francia dopo aver ricevuto l’amnistia; Picquart venne radiato dall’esercito, tuttavia diventò Ministro della Guerra quando Dreyfus venne riabilitato nell’esercito nel 1906. Esterhazy, il vero responsabile, non fu mai processato né condannato, si esiliò in Inghilterra, ad Harpenden, e lì nascose la propria identità sotto il nome di conte Jean di Voilemont fino al 1923, anno della sua morte. Dreyfus, dopo il 1906, subì un attentato da cui, fortunatamente, ne uscì soltanto ferito. Morì nel 1935 e soltanto sessant’anni dopo venne riconosciuta la sua totale innocenza.