di Angelica Sterbini

In questo mondo sommerso di applicazioni di tutti i tipi per i nostri cellulari, come le app. per le foto, per la gestione della casa, dell’automobile, per la salute, matematiche, economiche, finanziarie, astronomiche, le app. di incontri, e chi più ne ha più ne metta, abbiamo l’app-rofondimento?

Sono al terzo anno di un liceo scientifico e in aula quando ci viene fatta la classica domanda dai professori “che vorreste fare da grandi?”, immediatamente si vedono alzare le mani di una buona maggioranza della classe e si iniziano a sentire i desideri futuri: “la psicologa”, “il chirurgo”, l’ingegnere”, “la professoressa” e via dicendo.

La cosa però strana è che quando tra ragazzi ci poniamo la questione: “Stai già approfondendo per tuo conto?”, la risposta è ben visibile negli occhi dell’interlocutore, che con fare spiazzato risponde: “No, per quello esiste l’università”.

Ora qui sorge in me una domanda: perché attendere? Come mai se ho già in mente una professione non mi cimento in qualche lettura specifica a riguardo? Certo non intendo libri complessi su quel determinato argomento che magari a questa età risulterebbero anche di difficile comprensione, ma non c’è nemmeno quel poco interesse che va oltre il singolo testo usato a scuola in quella specifica materia che mi dovrebbe portare alla futura professione. Solitamente i professori quasi mai riescono a finire un programma o alcune volte saltano dei capitoli e infatti anche da parte dei docenti si sente spesso dire, “poi andrete a fondo più avanti”, ma mai arriva un incitamento ad approfondire il tema desiderato per conto proprio o a leggere quei capitoli non studiati. Con questo sottintendono che è ovvio il fatto che vi sarà un futuro studio più accurato.

Ma per quale motivo il docente non invita l’alunno a studiare in modo più esaustivo la materia interessata? Forse perché crede che le nostre idee su un percorso futuro cambieranno? Forse è capitato proprio all’insegnante stesso quando ha iniziato ad approfondire l’argomento che si è reso conto che non gli piaceva così tanto? O forse ha iniziato ad interessarsi ad un’altra materia proprio perché magari l’ha approfondita.

Sicuramente il ragazzo ha già delle preferenze o è più portato per materie letterarie anziché scientifiche e viceversa, per questo sarebbe opportuno andare in biblioteca e chiedere qualche testo più specifico, iniziando ad aumentare la conoscenza in modo tale da capire se effettivamente l’adolescente è attratto sempre di più da quella materia, o magari la troverà noiosa e pesante.

Tra l’altro, vorrei aprire una parentesi: le biblioteche dei Castelli Romani sono tutte collegate tra loro difatti posso prendere un libro a Ciampino e restituirlo a Velletri, prenderlo ad Albano e riportarlo a Rocca di Papa, può essere tenuto per trenta giorni, si può rinnovare il prestito se il libro non è stato prenotato da altri, e il tutto gratuitamente. A tal proposito vivendo nell’era del web e avendo delle strutture a nostra disposizione deve essere una scelta del ragazzo interessarsi o no all’approfondimento.

Quindi vorrei concludere con un invito ai professori di non mollare, nel caso in cui vedano un alunno superficiale e disinteressato. Si sa, a detta degli adulti, che il ruolo del professore come quello del genitore è difficile, ma le difficoltà fanno parte della vita e come tali vanno affrontate, anche perché è una scelta quella di diventare genitore e insegnante.

L’altro invito è rivolto ai miei coetanei: siamo in un’età complicata, questo è vero, gli amori, i litigi, le amicizie e le inimicizie, il non sentirsi adeguati, il non  venire compresi, vediamo una società dove sempre più spesso si sente dire “studia e vai all’estero”, perché in Italia non c’è lavoro, in Italia si trova posto solo per raccomandazione; sì, tutto questo in parte sarà vero, ma se veramente vogliamo invertire questa tendenza deve partire anche da noi, e lo si può fare solo con la conoscenza, il sapere, la cultura, non certo con l’ignoranza e la superficialità.

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