di Luigi Proietti Orzella

Ai giovani che venivano da lui per la prima volta, Rabbi Bunam era solito raccontare la storia di Rabbi Eisik, figlio di Rabbi Jekel di Cracovia.

“Dopo anni di dura miseria, che però non avevano scosso la sua fiducia in Dio, Eisik ricevette in sogno l’ordine di andare a Praga per cercare un tesoro sotto il ponte che conduce al palazzo reale. Quando il sogno si ripeté per la terza volta, Eisik si mise in cammino e raggiunse a piedi Praga. Ma il ponte era sorvegliato giorno e notte dalle sentinelle ed egli non ebbe il coraggio di scavare nel luogo indicato. Tuttavia tornava al ponte tutte le mattine, girandovi attorno fino a sera. Alla fine il capitano delle guardie, che aveva notato il suo andirivieni, gli si avvicinò e gli chiese amichevolmente se avesse perso qualcosa o se aspettasse qualcuno. Eisik gli raccontò il sogno che lo aveva spinto fin lì dal suo lontano paese. Il capitano scoppiò a ridere, dicendo: e tu, poveraccio, per dar retta a un sogno sei venuto fin qui a piedi? Ah, ah, ah! Stai fresco a fidarti dei sogni! Allora anch’io avrei dovuto mettermi in cammino per obbedire a un sogno fatto, e andare fino a Cracovia, in casa di un ebreo, un certo Eisik, figlio di Jekel per cercare un tesoro sotto la stufa! Eisik, figlio di Jekel, scherzi? Mi vedo proprio a entrare, mettere a soqquadro tutte le case in una città in cui metà degli ebrei si chiamano Eisik e l’altra metà Jekel! E rise nuovamente.

Eisik lo salutò, tornò a casa sua e dissotterrò quel tesoro con il quale costruì la sinagoga intitolata “La Scuola di Reb Eisik, Figlio di Reb Jekel.”

Alla fine del racconto il Rabbi Bunam spiegava la sua morale: “C’è un tesoro che non si può trovare in nessuna parte del mondo, eppure c’è un luogo in cui lo si può trovare: là dove noi viviamo, dove si svolge la nostra esistenza.”

Personalmente ho cercato il mio Tesoro in svariati posti lontani da questa Città e dalla mia famiglia: Sud Africa, Malta, Calabria, Romagna, Roma stessa e in tanti altri luoghi, più o meno distanti, in cui io credevo di trovarlo. La malattia di mio padre, poi di mia madre, e il triste destino di mia moglie hanno fatto in maniera che io decidessi di inchiodarmi in questo posto, che in passato ho odiato con tutta l’anima. Ora mi rendo conto che queste sofferenze mi hanno reso uomo e che prima agivo soltanto per puro egoismo. Ho trovato il mio Tesoro dove ora vivo, in un forziere pieno zeppo di cuori d’oro che mi hanno sostenuto e incoraggiato. Non faccio nomi, perché avrei bisogno di tutto il giornale per citarli, rischiando pure di scordarne qualcuno. Ne dico soltanto uno: Ciampino.

 

(Il racconto “Là dove ci si trova” è tratto da “Il cammino dell’uomo” di Martin Buber, edizioni Quiqajon, Comunità di Bose, 1990)

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