di Nicoletta Cutillo

Sono definite così le unità cinofile da soccorso in quanto sono un team imprescindibile Uomo-Cane che, in perfetta sintonia, partecipano alle operazioni di soccorso per localizzare persone disperse sia in superficie che sepolte da macerie. Il cane da soccorso non è identificabile con una razza in particolare, può infatti essere anche un meticcio, femmina o maschio senza distinzione, generalmente di media taglia, con doti caratteriali ben definite: la TEMPRA cioè un’alta capacità di resistere alle esperienze negative; il TEMPERAMENTO che si concretizza nel rispondere prontamente agli stimoli e agli ordini; la DOCILITA’ che è la disposizione naturale all’obbedienza e la mancanza di comportamenti aggressivi; la CURIOSITA’ di esplorare l’ambiente che lo porta ad avere una buona dose di iniziativa.

Inoltre deve dare prova di non temere il fuoco, il fumo, l’acqua ed il materiale sconnesso.

Naturalmente le doti richieste non fanno di qualsiasi cane che le possegga un cane da soccorso, infatti essi hanno bisogno di un lungo periodo di addestramento che può durare fino a due anni, periodo durante il quale si stabilisce e si rafforza sempre più il legame cane-conduttore che è di fondamentale importanza. Il metodo utilizzato è basato sul gioco e sul rinforzo positivo o condizionamento: in pratica il cane viene premiato ogni volta che esegue correttamente il comportamento richiesto in seguito ad un comando. Durante l’addestramento il cane impara che la persona da trovare ha il suo gioco preferito o un bocconcino, a seconda delle preferenze del singolo cane, e che potrà averlo solo ed esclusivamente se riesce a trovare il “disperso”. Naturalmente per arrivare a fare questo ci sono tanti livelli intermedi di addestramento, tutti improntati sul gioco, nei quali è fondamentale il coinvolgimento di una persona che viene definita figurante.

Il figurante funge egli stesso da disperso e ha un ruolo fondamentale perché creerà nel cane il desiderio della ricerca insegnandogli contemporaneamente il metodo di segnalazione attraverso l’abbaio. Il cane abbaierà continuativamente accanto al disperso o sul punto di segnalazione in macerie fino all’arrivo del proprio conduttore. Il conduttore è fondamentale tanto quanto il cane: a cercare un disperso saranno un naso, quattro orecchie e quattro occhi. Il conduttore guida il cane durante gli interventi con comandi vocali e gestuali. Il cane opererà libero, in piena autonomia, senza guinzaglio e spesso senza collare o pettorina, per evitare di rimanere impigliato in oggetti o macerie, ma la forte intesa esistente con il suo conduttore permetterà a quest’ultimo di rimanere comunque il regista della ricerca. Il cane utilizza la tecnica del “cono di odore”, cioè la scia di odore a forma di cono che il corpo umano lascia nell’aria: procede fiutando l’aria e con le indicazioni del suo conduttore ricopre tutta l’area di ricerca, entrato nel cono di odore lo segue aggiustando la propria corsa fino al ritrovamento del disperso. Cerca sia le piste a terra che il cono d’odore emesso dal disperso attraverso le particelle di pelle tralasciate nell’aria. A questo punto inizia la segnalazione con l’abbaio e resta fermo in attesa del conduttore senza lasciare la posizione, senza lasciarsi distrarre da altri cani, dai soccorritori o da eventuali grida del disperso.

E’ ovvio che per arrivare a questo la strada è lunga. Innanzitutto vengono insegnati al cane gli ordini di base (condotta con e senza guinzaglio, seduto, terra, resta). In una fase iniziale il conduttore ed il cane lavorano da soli, poi si passa ad un lavoro in gruppo dove i cani sono stimolati a socializzare. Successivamente viene inserito l’elemento “distrazione”: i cani imparano ad operare concentrandosi solo sul conduttore senza essere distratti dalla presenza di altri cani che stanno operando nelle vicinanze, persone, attrezzature in funzione.

Infine con la cosiddetta palestra l’unità cinofila impara ad affrontare gli ostacoli più vari: il conduttore impara come guidare il cane ed il cane a fidarsi di lui, impara a superare travi, cunicoli, scale, praticamente ad operare in autonomia senza la presenza del conduttore.

Inoltre vengono abituati ad affrontare spesso viaggi lunghissimi, in auto o in aereo, per raggiungere le zone di soccorso. E, per niente stanchi, arrivati nella zona operativa, sono pronti ad iniziare il “grande gioco”, occhi negli occhi col proprio conduttore, naso all’insù, a salvare vite umane.

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