di Chiara Alfonsi
Continua il nostro percorso che parla di quelle figure storiche a cui sono intitolate vie, piazze e luoghi importanti di Ciampino. In questo numero ci concentreremo su una figura fondamentale del Cristianesimo: San Francesco d’Assisi, che con la sua predicazione riconsegnò al Mondo – in un epoca di grande crisi religiosa, in cui proliferavano i movimenti eretici – una spiritualità fondata sull’umiltà e sull’insegnamento più puro del Vangelo.
Giovanni di Bernardone nacque ad Assisi nel 1182. Il nome Giovanni gli era stato messo dalla madre, Donna Pica, originaria della Provenza.
Suo padre, Ser Pietro, era un ricchissimo mercante, sempre in viaggio, per cui non poté essere presente alla nascita del figlio. Quando tornò non gli piacque il nome impostogli e volle chiamarlo Francesco (fino a quel momento questo nome non esisteva) proprio perché ammirava il paese con cui principalmente amava commerciare e di cui apprezzava usi e costumi.
Francesco ebbe da una parte una giovinezza spensierata e dispendiosa tra agi e mollezze, ma dall’altra anche vogliosa di emulare i grandi condottieri del suo tempo (fatto che, dopo essersi arruolato, lo portò ad essere incarcerato nella prigione di Perugia, contro cui Assisi era in guerra). Fu proprio in prigione che ebbe i primi ripensamenti sulla sua vita. Da quel momento iniziò in lui un processo interiore di ricerca di un motivo di esistenza. Iniziò con l’abbandonare le vecchie amicizie e, all’età di 24 anni, nella Chiesetta di San Damiano, sentì l’invito di Cristo che lo chiamava a seguirlo e a riparare la sua casa. Rinunciò, allora, ad ogni cosa terrena per seguire soltanto Dio e, da quel momento, a “vivere secondo la norma del santo Vangelo”.
La cosa non piacque al padre, che voleva fare di lui un mercante. Lo spogliò di ogni avere e lo diseredò davanti a tutti nella piazza principale di Assisi. Iniziò a predicare in solitudine, ignorando l’atteggiamento malevolo dei vecchi amici, suscitando, anzi, ammira-zione e pietà in molti concittadini grazie al suo comportamento umile e servizievole. Iniziarono ad avvicinarsi a lui alcuni giovani di Assisi, tra cui anche quelli che inizialmente lo schernivano. Questo fatto suscitò l’invidia dei preti che lo additarono come “eretico”, denunciandolo alle autorità ecclesiastiche. Per tale motivo nel 1209 dovette recarsi a Roma con quei pochi seguaci, e dopo un viaggio lungo e faticoso giunse al cospetto di Papa Innocenzo III. Questi, dopo lunghi ripensa-menti, capì la natura pura e luminosa di tale giovane e acconsentì alla nascita dell’ordine religioso che chiamò “Ordine dei Frati Minori”.
Francesco e i suoi compagni frati iniziarono a predicare il Vangelo ovunque, utilizzando parole semplici ed efficaci e, soprattutto, illustrando l’esempio della vita santa. In seguito Francesco fondò anche un secondo ordine che chiamò delle “Povere Dame” o delle Clarisse, da Chiara degli Offreducci, nobile di Assisi, attratta dal suo carisma e dal messaggio di vita che emanava.
Il suo amore per Cristo, espresso nella prima rappresentazione del presepe vivente a Greccio, nel Natale del 1223, portò il “poverello” a conformarsi a Gesù ricevendo, come primo Santo della Storia, il sigillo delle stimmate.
La vita di Francesco fu una costante lode a Dio.
Infatti, il “Cantico di Frate Sole” (scritto quando era ormai indebolito dalla malattia) esprime la libertà di un’anima riconciliata con Dio.
A Gesù il santo andò incontro con gioia quando “Sorella morte” lo venne a trovare: era la notte del 4 ottobre 1226. Due anni dopo fu canonizzato ad Assisi da Papa Gregorio IX.
Il messaggio che San Francesco d’Assisi ha cercato di trasmettere al mondo e alla Storia si basa sulla spiritualità.
Il centro della sua fede è il Cristo, visto come ideale divino e umano; accanto a lui, la Trinità, con la figura del Padre a cui Francesco si rivolge in apertura al “Cantico delle Creature” (primo capolavoro poetico della letteratura italiana) definendolo “altissimo, onnipotente, buono”.
In questo concetto è racchiusa la paternità che Francesco ha visto con suo padre con cui non aveva buoni rapporti dopo la “conversione” da ricco materialmente a ricco nello spirito e umile nell’abbigliamento.
La fraternità, invece, fu vissuta da Francesco in piena serenità con i frati suoi compagni. Cristo è il rappresentante di questa fraternità, definito dal santo come “pacifico, dolce e amabile fratello”, perché gli aveva insegnato come dialogare col Padre e lo aveva salvato dalla sua disperazione.
Accanto all’umiltà dimorano la carità e l’amore: Francesco, durante la sua vita, aiutò chiunque, persino i lebbrosi, dimostrando che l’amore di Cristo non lasciava indietro nessuno.
Dunque, l’Amore per gli uomini, per la natura, per gli animali, per gli amici e persino per i nemici.
L’amore di Dio si imprime nell’animo di Francesco, il quale si spoglia di ogni orgoglio e vanità, ponendosi in una “povertà nello spirito” che si trasforma nella “perfetta letizia”.
Cos’è, dunque? È riuscire a rinunciare a tutte le gratificazioni mondane che si rivelano vacue e inconsistenti per giungere alla mise-ricordia che un giorno permise al santo di comprendere, accettare e persino amare un lebbroso.
In altre parole, conquistare la perfetta letizia è mettere in pratica, alla lettera, il messaggio d’amore del Vangelo.